Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

giovedì 9 ottobre 2014

«Questione curda», Stato Islamico, USA e dintorni

Il Lato Cattivo


Il testo che segue era stato inizialmente preparato in vista di un incontro pubblico – tenutosi a Bologna all'inizio di settembre 2014 – con Daniele Pepino, autore dell'articolo Kurdistan. Nell'occhio del ciclone (in «Nunatak», n. 35, estate 2014). Impossibilitati a partecipare all'incontro, abbiamo ulteriormente rimaneggiato la bozza iniziale; ciò che ne risulta può essere letto sia come una serie di note in margine all'articolo summenzionato, sia come un testo autonomo.
Kurdistan. Nell'occhio del ciclone ha il merito di presentare in maniera chiara un quadro delle forze politiche che agiscono nella regione curda; ma l’articolo apre a una serie di interrogativi che ci preme sollevare. Al di là di una semplice messa a valore dell'intervento delle milizie del PKK a sostegno dei curdi yezidi, minacciati dallo Stato Islamico (IS), nell'Iraq del nord, l'autore opera una vera e propria apologia di tale organizzazione e della sua pretesa svolta «libertaria» (il cosiddetto confederalismo democratico). Inoltre, l'assenza di una descrizione delle forze sociali e di classe di cui le varie organizzazioni sono espressione, fa apparire il loro operato come il prodotto di semplici scelte soggettive operate da individui indeterminati. Infine, varie questioni, dal finanziamento dello stesso PKK al quadro delle alleanze che va definendosi in Medio Oriente, sono affrontate in modo troppo sbrigativo. Beninteso, per trattare in maniera esauriente tutti questi punti occorrerebbe scrivere svariati libri; perciò le note che seguono non saranno meno lacunose. Ma pensiamo possano mettere sotto una luce diversa tanto le recenti evoluzioni della «questione curda», quanto i conflitti che stanno accendendo ancora una volta il Medio Oriente. Senza dimenticare che, se ciò può avere una qualche utilità per noi o per altri, essa risiede nel fatto di poter porre non la questione dell'autonomia (qualunque cosa significhi), ma quella del comunismo.[...]