Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

venerdì 26 ottobre 2012

Annotazioni sul comunismo

Un partecipante a Théorie Communiste

Le note che seguono furono pubblicate sul numero 13 della rivista «Théorie Communiste», nel 1997. Esse apparvero senza nome d'autore e furono seguite da una critica anch'essa anonima (dunque ascrivibile a «Théorie Communiste») di questo tipo di anticipazione teorica, che fu eccezionalmente personale nell'ambito dell'elaborazione della rivista. Va sottolineato che questo testo vide la luce nel corso di un dibattito con Bruno Astarian, che all'epoca sollecitava fortemente una descrizione positiva del comunismo (quest'ultimo pubblicò a sua volta queste tesi su «Hic Salta» nel 1998, annettendo una sua propria critica). Questo punto di vista non era condiviso dalla redazione di «Théorie Communiste».
Un tentativo del genere può avere un certo interesse, considerando che ognuno di noi è portato a porsi – volente o nolente, per se stesso o per rispondere alle interrogazioni altrui – alcune questioni sul mondo post-rivoluzionario, e tenendo allo stesso tempo ben presente che il comunismo non è, infine, che l'insieme delle misure di lotta comuniste quali si produrranno nel corso del processo rivoluzionario, così come vengono abbordate – ad esempio – in Le pas suspendu de la communisation, in «SIC», n. 1, gennaio 2012. [NdT]

venerdì 12 ottobre 2012

La riproduzione del proletariato

Breve introduzione alla critica della demografia politica

Amer Simpson

Il capitalismo è un modo di produzione sociale che si auto-presuppone all'interno della propria riproduzione. Ma ciò che è riprodotto e presupposto è il conflitto tra le classi. La riproduzione del capitale implica reciprocamente la riproduzione del proletariato in quanto forza lavoro generica sempre disponibile per il capitale – e appartenente a tutti i capitalisti prima di appartenere a uno solo.
Questa fondamentale disponibilità della forza lavoro presuppone la sua riproduzione come qualcosa di già dato, come il sostrato “naturale” del suo valore di scambio, vale a dire ciò che è riprodotto gratuitamente e invisibilmente e che è già presupposto al primo momento del processo di sfruttamento: la compravendita della forza lavoro. La riproduzione del proletariato come forza lavoro generica sempre disponibile, presuppone quindi la distinzione delle forze produttive tra, da un lato, la produzione di plusvalore per mezzo dell'uso della forza lavoro in quanto attività produttiva e, dall'altro, la produzione di proletari attraverso l'uso della forza lavoro in quanto attività riproduttiva.